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TALENT MANAGEMENT – COME “INVESTIRE” IN CAPITALE UMANO IN TEMPI DI CRISI

Attenzione imprese: ogni talento perso costa almeno un’annualità di stipendio, più le spese per la selezione, la mancata fatturazione nel periodo di attività ridotta, i costi da perdita di know how.

Competizione, inflazione, stagnazione, recessione. Sono gli spettri che agitano le notti di imprenditori e manager un po’ ovunque nel globo, ma in modo certamente sentito nel nostro Paese. Una cosa però è ormai acquisita: la traballante economia contemporanea ha bisogno di idee, di nuove energie e di uno sprint inedito per affrontare i complessi scenari che si stanno prospettando. Con una squadra preparata e in gamba, in grado di proporre il meglio e di spiazzare i concorrenti, la partita è tutta da giocare. Altrimenti la sfida è persa in partenza.
Nei periodi di competizione più accesa, quando si corre il rischio di contrazione del business, per massimizzare l’efficienza e ridurre i costi la tentazione è forte: tagliare tutto ciò che non è immediatamente indispensabile, sospendere gli investimenti, ridurre drasticamente l’impegno su programmi di sviluppo, concentrarsi in modo ossessivo su mercato e produzione per ingranare una marcia che consenta di viaggiare a basso regime … sperando che passi! Una reazione che sul brevissimo termine magari consente il recupero di un bilancio zoppicante, ma che, mantenuta più a lungo, può rivelarsi un boomerang letale per aziende che ormai da tempo hanno imparato a viaggiare snelle e a fare del cost saving e del presidio attento dell’operatività un dogma indiscusso.

Una risposta frettolosa che dal punto di vista della gestione delle risorse umane spesso significa ri-duzione di personale, esodi incentivati, risorse all’osso. E che di frequente conduce anche a so-spendere meccanismi virtuosi che hanno fatto dell’azienda, piccola o grande che sia, un marchio di eccellenza. Il pericolo è inoltre di compromettere investimenti già effettuati e di vedere volatilizzato in breve non solo il capitale umano dell’impresa, fatto delle persone, delle competenze e delle relazioni che costituiscono il patrimonio intangibile più prezioso di cui si dispone, ma anche i (costosi!) processi e le prassi che lo hanno generato.

Si tratta di processi che hanno consentito nel tempo di assumere le risorse necessarie (selezione), di valorizzare i meritevoli e di farli crescere e posizionarli sulle attività più critiche (sviluppo), di garantire il ricambio generazionale e le successioni (succession planning), di creare l’ambiente giusto per far fiorire (e applicare) il talento laddove era opportuno. Creando quel rapporto saldo e coinvolgente tra l’azienda e le persone che ci lavorano, tanto prezioso in momenti in cui occorre serrare i denti e rimboccarsi le maniche per fare quello sforzo in più che ci può portare fuori della turbolenza.

Se a causa dell’aumentato carico di lavoro, alle riduzioni di personale o alle assunzioni rimandate si aggiunge anche una sospensione dei sistemi di performance o di talent management faticosamente messi in piedi, il pasticcio è fatto! Occorrerà certamente altrettanta fatica e altrettanti investimenti per rigenerarli, renderli nuovamente operativi e adatti alle mutate condizioni.

IMPEGNATI E INFORMATI = IMPRESA DI SUCCESSO

Per contrastare instabilità del mercato ed economia in affanno è davvero utile mobilitare il talento aziendale nel progetto d’impresa? Molte ricerche a livello internazionale indicano in maniera inequivoca che un fattore determinante per il successo delle aziende è proprio l’elevata motivazione delle persone a sostenere il successo dell’organizzazione, coniugato alla visibilità e all’allineamento verso le strategie aziendali. In altre parole, il segreto è riuscire a mantenere dipendenti che desiderano dare un contributo attivo e soprattutto sanno che cosa l’azienda si aspetta da loro per raggiungere i risultati di business. Già precedenti indagini avevano mostrato che le persone con alti livelli di impegno lavorano in aziende con i migliori risultati finanziari (il che poteva anche solo significare che le imprese più prospere riescono a motivare meglio le persone). Ora si è riscontrato che è vero anche l’inverso. Adoperarsi affinché le persone siano “engaged” (secondo la felice espressione utilizzata da Kahn negli anni ‘90) costituisce una leva davvero importante per migliorare i risultati finanziari. La formidabile miscela fatta di alta motivazione e di focalizzazione su dove si sta puntando e su quali risultati si vogliono raggiungere appare quindi uno degli ingredienti decisivi per ottenere successo nel mondo degli affari.
Dal punto di vista delle risorse umane, qual è il modo giusto di sostenere il business e di affrontare un mercato incerto e pieno di trabocchetti? Prima di rispondere a questo impegnativo quesito, qual-che precisazione di tipo terminologico.

CHE COSA INTENDIAMO PER TALENT MANAGEMENT?

Ogni impresa ha necessità di sapere chi ha in casa e come lavora. Ha anche bisogno di conoscere mestieri e competenze necessarie, di trovare le persone giuste per svolgere le attività al meglio e di retribuirle in una logica coerente con il mercato. Meglio poi se riesce a individuare e valorizzare chi offre un contributo di pregio e può crescere, se arriva a collocarlo dove può esprimere il massimo, per ottenere il massimo profitto. Ottimo poi se i suoi sistemi di incentivazione sono stimolanti e appropriati, rigorosamente proporzionati ai risultati aziendali e se le persone ci si ritrovano e li vedono equamente collegati agli sforzi fatti e agli effetti raggiunti.

Insomma, per talent management si intende oggi tutto l’insieme delle strategie e delle azioni necessarie a presidiare il capitale umano e intellettuale dell’impresa, per raggiungere i risultati senza inefficienze dal punto di vista della gestione delle risorse. In altre parole “avere la persona giusta, al posto giusto, al momento giusto” e possibilmente con una retribuzione in linea con i livelli di mercato. Sembra facile, ma con la velocità alla quale ci si muove, con l’esigenza di stare sempre sulla cresta dell’onda, con la fatica di rimanere entro budget limitati, gli elementi da tenere in considerazione so-no veramente numerosi! E inoltre il talento non è un dato di fatto, acquisito una volta per tutte: è un fattore estremamente dinamico, che può essere alimentato e fatto crescere, oppure trascurato e lasciato appassire.

Tutto ciò è tanto più vero per le realtà industriali o di servizio che hanno raggiunto le dimensioni della media azienda, senza poi parlare di coloro che hanno ormai sedi e operazioni in altri paesi, e che sono entrati a pieno titolo nella logica delle multinazionali. Insomma senza un sistema coerente di processi e sistemi, omogenei nei diversi luoghi geografici, che consentono di governare le variabili legate alla cosiddetta “talent pipeline” la missione diventa davvero impossibile e la gestione del personale in una logica di tipo artigianale o familistico si rivela un prepotente limite allo sviluppo e alla crescita dell’azienda, che la obbliga a ridimensionare le attese.

Parliamo di operazioni anche difformi tra loro, ma che costituiscono il vero nucleo portante di chi vo-glia veramente impiantare un modo intelligente di gestire il talento. Si va dalla attività di definizione di quali sono le competenze che occorre sviluppare o acquisire, a quella di riconoscere chi ne è vera-mente depositario ed essere capace di portarlo a bordo, a quella di premiare e incentivare chi rag-giunge risultati eccellenti.

Adoperiamo qui il termine “talento” in un senso molto ampio, per identificare almeno tre importanti accezioni, che possono e devono essere oggetto di presidio efficace.

La prima è il talento come dimensione collettiva, come risultato di successo di un’azione organizzata, capace di effettuare un abbinamento speciale e riconoscibile tra persone in gamba e bisogni del business (“un’azienda piena di talento”).

La seconda fa riferimento alle persone particolarmente dotate, i cosiddetti alti potenziali, sui quali scommettere per lanciare una nuova iniziativa, per proporsi su un mercato difficile, per costruire dal di dentro manager di valore attraverso una esperienza a tutto tondo (una scelta praticata da oltre il 60% delle imprese, secondo una recente indagine internazionale).

La terza si riferisce invece alle componenti di talento, alle aree di eccellenza di ciascuno (ciò in cui siamo particolarmente bravi, le aree di talento personale), da individuare e mettere a frutto orientan-do le persone verso i mestieri nei quali possono eccellere.

Insomma, per alimentare il talento complessivo dell’impresa le aree di intervento sono molteplici.

OTTO DOMANDE CHIAVE PER DARE IMPULSO AL TALENTO

  1. DEFINIRE: di quali competenze ho bisogno/avrò bisogno per crescere e fronteggiare con successo un periodo di incertezza economica? Su quali aree focalizzare l’investimento?
  2. RICONOSCERE: in azienda ci sono persone con le capacità necessarie, le ho individuate? le posso sviluppare in tempi ragionevoli, ci sono le potenzialità?
  3. ATTRARRE: quanto sono attrattivo per le risorse esterne? dove e come le posso trovare? Come le inserisco?
  4. METTERE A FRUTTO: come vengono adoperate le persone? Sono adeguatamente coinvolte nel lavoro, davvero “ingaggiate” nel raggiungere i risul tati? Sono allineate e motivate dal progetto d’impresa?
  5. SVILUPPARE: le loro competenze e esperienze crescono, sono significative per il business, sono sempre in linea con i migliori?
  6. DIFFONDERE: le “isole di talento” dell’azienda sono adeguatamente riconosciu te, stanno contagiando gli altri? Riusciamo a formare e diffonde re le migliori esperienze e conoscenze?
  7. TRATTENERE: le persone si sentono valorizzate? Retribuzione e incentivi sono equi? c’è qualche persona di talento che vuole lasciare l’azienda? Perché? Vale la pena trattenerlo? Come fare?
  8. RIMPIAZZARE: c’è attenzione al turn over sulle posizioni chiave? Chi può suben trare? Si sta presidiando il passaggio generazionale e la successione?

LE AZIONI PER IL TALENT MANAGEMENT

Innanzitutto occorre dedicare maggiore impegno per individuare e conoscere il talento già presente in casa, per coglierne tutte le implicazioni e adoperarne a fondo le potenzialità. A partire dai livelli direzionali, il cui impatto sull’organizzazione è moltiplicato dal numero di risorse gestite (chi conduce veramente il business, chi ha talento per le strategie, chi presidia veramente il mercato?) sino alle persone dei settori-chiave. Risultati interessanti in termini di riscontro economico si possono ottenere rapidamente concentrando gli investimenti su aree decisive per il business, come il settore Sales, le aree a contatto con il cliente, la Produzione, la Ricerca e Sviluppo, …

E’ il caso recente di un’azienda di servizi che, in fase di ristrutturazione, ha sentito la necessità di vedere valutate tutte le risorse dell’area commerciale per capire se erano in linea con le skill richieste e se il loro livello di preparazione e di capacità era paragonabile con quelle dei competitor. Ciò ha permesso di verificarne il posizionamento ottimale, di riconvertire qualche persona mal collocata, di offrire opportunità di crescita a risorse di cui è stato confermato l’elevato potenziale e, in senso generale, di manifestare a tutti l’intenzione dell’azienda di occuparsi in modo attento e non più rimandabile delle competenze strategiche.
Un altro importante fronte di intervento è rappresentato dalla motivazione e dalla voglia di fare: come si possono informare e rendere partecipi le persone in azienda, quali le condizioni organizzative per permettere loro di agire al meglio, per far conoscere i risultati che ci si attendono da loro, come supportarle maggiormente nello svolgimento del lavoro per farle sentire parte integrante della mission e della cultura aziendale? Ad esempio, una impresa manifatturiera sottoposta a pressioni di mercato particolarmente sfidanti ha messo in piedi un programma di riscontro del coinvolgimento delle perso-ne e quindi della capacità di comunicare strategie e impegno, realizzando una survey interna e le successive azioni di miglioramento. Nel momento in cui occorreva la massima tensione sul risultato, la Direzione ha dato il via libera all’iniziativa per essere certa di avere a disposizione una forza lavoro motivata e pienamente sul pezzo.

Se in epoche “ricche” il tema della retribuzione è meno delicato, quando c’è da tenere sotto stretto controllo il costo del lavoro, premi e incentivi ben calibrati e attribuiti diventano uno strumento indispensabile di buona gestione. Cito il caso di un’altra industria manifatturiera, in una fase particolar-mente faticosa dopo un periodo di intenso sviluppo, che ha sentito l’esigenza di mettere mano all’impianto retributivo e alla valorizzazione dei benefit offerti ai dipendenti, per avere strumenti e processi in grado di focalizzare in modo ancor più deciso l’attenzione sulle performance. Metriche chiare e condivise, collegate a risultati misurabili, sono di grande aiuto ai capi e all’azienda soprattutto se si è in grado di adoperare tutte le strumentazioni a disposizione per massimizzare l’efficacia e discriminare adeguatamente un impegno differente.

Inoltre in tempi di difficoltà lo stress e la fatica possono farci compagnia anche per periodi prolungati. Contribuendo a creare le premesse per due fenomeni molto legati tra loro: si genera disaffezione, le persone cominciano magari a guardarsi intorno e contemporaneamente si aprono le porte a quei concorrenti che individueranno nella vostra ditta un ottimo bacino di reclutamento.

La mentalità corrente, ereditata da un passato paleo-industriale non troppo lontano, porta a considerare le persone come semplici ingranaggi di un sistema che funziona di per sé, e che come tali sono facilmente sostituibili. L’esperienza ci dice che questo non è poi tanto vero, soprattutto per i manager con maggiori responsabilità, e che ogni rimpiazzo ha bisogno di tempo per essere efficace (di solito si parla di sei mesi/un anno, per portare una persona ad un buon rendimento in una nuova realtà lavorativa).

Ogni talento perso si calcola valga al minimo un’annualità di stipendio (il periodo necessario per rendere pienamente operativo il suo successore), più le spese per la selezione, più la mancata fatturazione nel periodo di attività ridotta, più i costi derivanti dalla perdita di know how. E spesso natural-mente accade che vengano sottratti i migliori e che ciò possa contribuire a far lievitare i costi del lavoro, se la società decide di rilanciare per conservare la risorsa.

Insomma, come è accaduto lo scorso anno ad una media impresa farmaceutica, quando la partita si fa dura potrebbe essere proprio il caso di chiedersi: abbiamo in piedi le strumentazioni, i sistemi premianti e la cultura necessari a utilizzare in modo coerente il talento presente in azienda? E quindi realizzare una verifica completa sull’integrazione effettiva tra strategie sulle risorse umane, azioni di talent management e sistemi premianti. L’importante non è soltanto effettuare questa o quella inda-gine, ma anche garantire una rigorosa coerenza complessiva e una reale applicazione concreta, supportata dagli appositi tool informatici. Verificarlo in prossimità di una situazione particolarmente sfidante è una carta tutta da giocare!

Per saperne di più: 

  • Peter Cheese, Robert J Thomas, and Elizabeth Craig, The Talent Powered Organization: Strategies for Globalization, Talent Management and High Performance, 2007
  • Peter Cappelli, Talent on Demand: Managing Talent in an Age of Uncertainty, 2008
  • William A. Kahn, Psychological conditions of personal engagement and disengagement at work, Academy of Management Journal, 33, 1990
  • Lance A. Berger and Dorothy R. Berger, The Talent Management Handbook: Creating Organ-izational Excellence by Identifying, Developing, and Promoting Your Best People, 2003
  • Lowell L. L Bryan and Claudia L. I. Joyce, Mobilizing Minds: Creating Wealth From Talent in the 21st Century Organization, 2007
  • Bruce N. Pfau, Ira t.Kay, The Human Capital Edge, 2002
  • David Ulrich, Wayne Brockbank, The HR Value Proposition, 2005

Barbara Parmeggiani

Antropologa, Consulente & Executive Coach

Ha diretto importanti progetti HR con imprese italiane e multinazionali.
E’ autrice del libro “Ci mettiamo la faccia tutti i giorni”
bparmeggiani@gmail.com

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